Verso la stima della posa 3D utilizzando camere RGB

Tradizionalmente l’interpretazione del posizionamento del corpo e la definizione dello scheletro erano compiti complessi che richiedevano telecamere di profondità e hardware costosi per la post-elaborazione dei dati acquisiti.

Ormai dieci anni fa l’introduzione di Microsoft Kinect, inizialmente orientata alla comunità di gioco, ha avuto un impatto significativo nella stima del posizionamento e ha aperto la strada a sensori simili e a ulteriori ricerche sul campo.

Ultimamente, stiamo vedendo sempre più alternative che non solo richiedono meno risorse, ma possono funzionare anche con una semplice fotocamera RGB senza necessariamente fare affidamento sulle informazioni di profondità per ottenere i dati necessari alla stima. Naturalmente, la mancanza di informazioni sulla profondità normalmente significherebbe l’assenza dell’asse Z, tuttavia ciò sta cambiando anche grazie a modelli ML migliori focalizzati sull’estrapolazione dei dati mancanti da un’immagine monoculare. La combinazione di queste due soluzioni può presto rendere obsoleto il requisito del sensore 3D per determinati casi d’uso, il che a sua volta non solo riduce il costo complessivo dell’hardware, ma semplifica anche il processo di installazione in loco grazie a un ingombro medio inferiore di una telecamera 2D e alla possibilità di osservare l’ambiente anche attraverso doppi vetri a gas freon (che normalmente inibiscono la gamma di rifrazione della luce infrarossa nei sensori 3D).

In Munogu siamo entusiasti di aver finalizzato la conversione di alcune delle nostre ben note soluzioni di gamification che tradizionalmente richiedevano sensori 3D per funzionare con una semplice webcam pur mantenendo un’accuratezza e una precisione simili a quelle fornite da una fotocamera time-of-flight. Molti dei prodotti del nostro catalogo di gamification sono oggi disponibili in entrambe le varianti, fornendo risultati praticamente identici.

InfiniteJourney

Retail e COVID – speranze e strategie


Sentiamo parlare di “retail apocalypse”, ovvero della fine del retail nella sua attuale forma, ormai da molti anni.

I numeri sembrerebbero parlare chiaro: stando all’Osservatorio del Politecnico di Milano, infatti, solo in Italia, tra il 2010 ed il 2018, sono scomparsi 61.789 punti vendita.

Numeri da vera ecatombe ed in grado di sancire profondi mutamenti anche nella fruizione degli spazi urbani e dell’accessibilità ai servizi.

La drammatica crisi legata alla pandemia, inoltre, sembra aver impresso una forte accelerazione a tutti i processi di disruption generati dalla digitalizzazione degli acquisti e della fruizione dei servizi.
Il new normal, come ormai viene definito lo scenario di consumo post pandemia, sembra, inoltre, suggerire l’affermazione definitiva del paradigma della “distanced consumption”, ovvero del consumo a distanza in qualità di consumo sicuro, al riparo da rischi e preferito dagli utenti, soprattutto da quelli con maggiori disponibilità economiche e miglior accesso alla tecnologia (il concetto deriva, infatti, da quello di  “conspicous consumption” introdotto da Veblen) . Quale altro strumento garantisce accesso migliore a prodotti e servizi in modalità remota, se non il web?

Il modello legato al retail fisico “tradizionale” sembrerebbe, dunque, entrato in un processo di crisi irreversibile.
Ma è veramente così?

Una recentissima ricerca di Kearney ha evidenziato come, seppur sussista una forte propensione per l’e-commerce, circa l’81% dei ragazzi della GenZ preferisca comunque fare acquisti nei negozi fisici. Secondo i risultati della ricerca lo shopping tradizionale permetterebbe di scoprire altri prodotti in modo più efficace e di disconnettersi, almeno temporaneamente, dai social media.Nella classifica dei contesti retail preferiti dalla GenZ spiccano, poi, i flagship store dei Brand. 

Anche McKinsey, grazie ad una recente survey sul settore grocery, ci spiega come i consumatori si siano votati all’acquisto online spinti dall’emergenza COVID, facendo registrare tassi di crescita record, (in Italia pari anche al 100%). Ma la tendenza è momentanea e si prevede un ritorno massiccio allo shopping presso gli store fisici, con outlook negativi per la percentuale di vendita online in quasi tutti i Paesi EU-5.

Tutto ci indica, quindi, che l’unico vero paradigma di consumo dei prossimi anni sarà quello legato all’omnicanalità, nel quale esperienze di acquisto online e offline si fondono in una sorta di “infinite customer journey”. Il consumatore si muoverà in maniera fluida tra contesto di acquisto digitale e contesto fisico. Con tutta probabilità la conclusione del processo di acquisto si sposterà progressivamente online, ma il livello di servizio garantito all’utente dovrà essere strutturato in modo tale da poter replicare l’esperienza fisica nell’online mentre l’esperienza in store dovrà essere totalmente integrata rispetto a quella digitale.

In Munogu crediamo, quindi, che il futuro prossimo del retail sarà, l’Omniexperience, ben oltre l’omnicanalità.
Si tratta di un’esperienza di acquisto “senza confini”, concepita intorno alle esigenze del consumatore ed altamente coinvolgente, nella quale tutti i “touch-point” sono connessi tra loro grazie alla Tecnologia, al Marketing ed al CRM. “Il negozio” si trasformerà in un’“agorà”, all’interno della quale i consumatori potranno sperimentare e scoprire i prodotti per poi perfezionare il loro acquisto dove preferiscono. Il flagship store in particolare, dovrà farsi anche carico di rendere tangibili i valori del Brand che rappresenta.

L’obiettivo finale è la creazione di maggiore valore per l’Azienda attraverso la massimizzazione del Customer Lifetime Value (on-life customer).

Per far fronte ai paradigmi dell’Omniexperience, lo spazio di vendita fisico dovrà assumere la connotazione di “contesto profondamente esperienziale”. Beninteso, per contesto esperienziale non intendiamo uno spazio infarcito di tecnologie fine a sé stesse e slegate tra loro, quasi fossero un puro divertissement per fornire  spunti interessanti agli uffici PR.
Seguendo il modello “della hidden technology”, teoria che ispira da sempre le soluzioni di Munogu, la tecnologia dovrà perciò mettersi al servizio del consumatore senza mai diventare invasiva, pena la costruzione di un contesto eccessivamente complesso e contrario alle logiche di assoluta fluidità dell’esperienza di acquisto richiesta dal modello omniexperience. Per essere efficace l'”effetto wow” deve essere concepito con l’obiettivo di convertire, non di stupire.

Purtroppo, le aziende hanno poco tempo per disegnare questa nuova customer journey in un contesto di mercato divenuto ora impervio ed imprevedibile.
Già nel 2019, se prendiamo ad esempio il solo settore fashion, la customer retention sfiorava infatti il 91% per quei retailer con strategie omnichannel efficaci già implementate mentre si fermava al 39% per i player privi di un approccio omnicanale. Il “new normal” aprirà un ulteriore solco tra Aziende in grado di venire incontro alle mutate esigenze dei consumatori e quelle che vedranno semplicemente ridursi il numero dei loro punti vendita e le proprie quote di mercato.

Per velocizzare il processo di trasformazione bisogna dotarsi in fretta di strumenti e di conoscenze atte a garantire una transizione verso il modello “omniexperience”, mantenedo un ROI positivo. Il tutto deve avvenire partendo dall’implementazione di tecnologie e strumenti per l’analisi del contesto.

Come per il digitale, infatti, anche per il retail “il dato” diventa il cardine di ogni decisione strategica: retail analytics avanzate dovranno essere velocemente integrate nell’infrastruttura per ottenere informazioni inconfutabili sul target, sulle sue abitudini all’interno del punto vendita e sulla performance degli spazi Retail e del loro layout.

Proprio grazie alla sua capacità di combinare in un unico strumento di AI servizi di retail analytics avanzati (biometrici e non) ed esperienze in-store uniche, semplici ed innovative, che mettono in costante relazione il contesto fisico con quello digitale, Kiosk, il corpus di tecnologie abilitanti per l’omniexperience di Munogu, si è guadagnato un posto di riguardo all’interno del Microsoft Technology Center di Milano ed un prestigiosa clientela che conta, tra gli altri, FCA, Scavolini, Breil, Porsche US e Poste Italiane.

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