Le interfacce uomo-computer stanno cambiando il modo in cui si svolgono le esperienze nel mondo reale.
Quando fra uomo e macchina si intende stabilire una interazione, vediamo mettersi in atto domande cognitive su entrambi i fronti: macchina e uomo. Da un lato alla macchina viene richiesto di comprendere sulla base di quanto precedentemente appreso (machine learning), dall’altro all’uomo viene richiesto di limitare e semplificare il linguaggio e le interazioni utilizzando comandi vocali, tattili e gestuali privi di qualsiasi variante interpretativa. Ce lo insegnano ad esempio i popolarissimi smart speaker o altri dispositivi ASR (Automatic Speech Recognition). Questi sistemi, basati su grammatica, termini lessicali e moduli di riconoscimento acustico, ci hanno educato ad esprimerci in maniera semplificata.
Il successo di questi strumenti ASR è dovuto al fatto che gli utenti possono interagire direttamente con il computer senza utilizzare un dispositivo intermedio (ad esempio, mouse, tastiera), senza particolari skill tecnologiche, addirittura riducendo la struttura grammaticale del linguaggio e la qualità lessicale al minimo necessario.
Non è un caso che anche i bambini di appena un anno riescano ad interagire con questi strumenti e da diverse parti si è sollevato il dubbio che questi strumenti possano dare luogo a distorsioni cognitive o comportamentali. Altri si domandano come i bambini interagiscano con questo tipo di tecnologia, come determinati strumenti possano influire sul loro sviluppo e sulla qualità delle loro interazioni con le persone, altri studiano il modo in cui i bambini cercano di concettualizzare questi strumenti ad esempio immaginando che ci siano piccole persone all’interno o che siano oggetti con una personalità.
Ma lasciamo aperto questo discorso a psicologi e pedagogisti o alle personali riflessioni, e torniamo al centro del nostro tema: come le interfacce naturali possono migliorare il modo in cui ci rapportiamo al mondo reale?
La naturalezza con la quale i bambini sono in grado di interagire con questi sistemi ci porta in verità a riflettere su un fattore critico di successo che caratterizza i sistemi basati su NUI design, ne consegue dunque un assunto che possiamo formulare così: tanto più l’interfaccia si configura come naturale tanto più si può sperare che ci sia un’adozione spontanea o una fruizione senza imprevisti o frizioni.
La prima domanda da porsi nella progettazione di questi strumenti basati su NUI è relativa alla natura di queste interazioni (vocali o gestuali): quali interazioni possono essere considerate naturali? La “naturalezza” delle interfacce basate sui gesti molto spesso si configura e si manifesta in maniera efficace quando interpreta azioni che l’individuo naturalmente svolge per manipolare un oggetto fisico (es.: swipe). Poi ci sono gesti che possiamo definire arbitrari ma ampiamente diffusi (es.: like, pollice su).
Questi sono solo alcuni degli aspetti che concorrono nella progettazione di un sistema basato su AI e NUI ma per tutti la prova rimane legata alla capacità di innescare una esperienza fluida, corretta e senza sforzi cognitivi.
Questo scenario ci riporta alla possibilità di ridurre le eccezioni comportamentali nelle esperienze offerte in un negozio o in uno spazio pubblico e di ridurre di conseguenza i costi di gestione di tali eccezioni.
Usiamo il corpo come strumento per generare un’informazione di tipo basico come ad esempio la presenza o nostra assenza. Questa semplice informazione produce una reazione automatizzata (ad esempio apertura, chiusura, accensione, spegnimento, etc…).
Ma quando il corpo, i movimenti e i gesti generano informazioni più complesse e comprensibili per i sistemi basati su NUI e AI possiamo parlare di linguaggio, quel linguaggio che produce non più semplici reazioni automatizzate ma vere e proprie interazioni collaborative con le macchine. I sistemi basati su AI e NUI applicati al contesto reale consentono di promuovere cambiamenti virtuosi soprattutto in situazioni come quella che stiamo vivendo in cui la responsabilità individuale deve essere affiancata da una costante attività di educazione al senso civico a volte imposta, regolata o sanzionata da sistemi tecnologici digitali che permettono di rilevare le anomalie comportamentali.
Interagire con il mondo ora significa anche interagire con il mondo digitale, vuol dire paradossalmente essere presenti contemporaneamente in due spazi, quello reale e quello digitale dove la nostra presenza e le nostre interazioni, opportunamente codificate, possono essere osservate e interpretate in maniera relativa.
Senza avventurarci nell’impresa ardimentosa di combinare la meccanica quantistica con il digitale, possiamo accontentarci di una chiara percezione che deriva dalle nuove esperienze indotte dalla velocità delle comunicazioni, dall’accessibilità alle informazioni, dalla necessità di ridurre il contatto e la presenza nel mondo fisico. Appare evidente che siamo portati sempre di più ad interagire e utilizzare molteplici e diverse dimensioni, siamo sempre più abituati a esperienze omnicanali e multilivello, e stiamo sperimentando dimensioni che necessitano di essere comprese, codificate e “sfruttate”.
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